Ho due ricordi indelebili della figura di Demetrio. Uno legato a non meno dl cinquanta concerti degli Area che ho avuto la fortuna di seguire durante la loro carriera, dalla presentazione del primo album all'AItro Mondo di Rimini fino agli ultimi con Ia formazione completa: è un'immagine di potenza assoluia, Demetrio che tiene il microfono il più Iontano possibile dalla bocca, con il braccio disteso e Ia testa all'indietro, lanciando le sue note più acute e spaziali che, nonostante la ben nota assoluta durezza del microlono Shure che tutti usavano alI'epoca per il canto, finivano col superare l'insieme di quel robusto e rumoroso gruppo elettrico che erano gli Area live. La sua voce era più forte di chitarra, basso, batteria e tastiere messe insieme e la sua postura fisica l'accompagnava come un cavaliere dominatore delle distese della musica.
L'altra memoria é di segno esattamente opposto. Poche settimane prima di scoprire Ia malattia Stratos stava presentando il suo Iavoro di sola voce in una piccola serie di recital ed ebbi I'occasione di vederlo a Roma, in uno spazio tealrale di cul non ricordo il nome. Devo premettere che, pur ammirando molto la ricerca di Demetrio così come si rendeva disponibile alI'ascolto su disco, non avevo mai apprezzato molto i suoi recital: troppo tecnici, freddi, con un qualche cosa di vagamente eccessivo nello sforzo psicofisico necessario a raggiungere gli effetti voluti, senz'altro stupefacenti, ma in qualche modo come congelati in uno spettacolare catalogo di possibilità. Quella sera a Roma rlmasi quasi annichilito dalla intimità, dalla bellezza espressiva compiuta, dalla poesia profonda e straniante dei suoi vocalizzi: il "catalogo" di possibilità sembrava improvvisamente maturato, portato a compimento e viveva in una dimensione di cornunicativa dolce e Iacerante. Quello che mi sembrò quasi doloroso da vedere era come un senso di solitudine cosmica: un uomo solo davanti aII'universo che dispiega la sua voce cercando di raggiungerne i confini, forse, o più probabilmente semplicemente segnando, come un cantore pigmeo, i limiti della propria territorialità. Un uomo solo davanti all'Universo, una sensazione dolce e drammatica, dura e romantica, un caleidoscopio di opposti che creano una unità che, artisticamente, sembrava fino a pochi mesi prima, almeno ai miei occhi, ben Iontana da essere raggiunta. "Che fai pallida Luna..." Il canto notturno di un pastore errante in Asia, ricordi di scuola e una non sopita passione per Giacomo Leopardi: Demetrio sambrava cantare solitario alla luna e alle stelle come un navigante dei deserti del tempo, fuori dal tempo e oltre Ia mimesl delle tecniche vocali antiche, oltre l' imitazione. Giorgio Celli, etologo, ebbe a dire di non dimenticare che il corpus sonoro di Demetrio quando si avvicinava alle vocalità ancestrali era a non poteva che essere di "simulazione", una simulazione operata da un Intellettuale europeo che nulla poteva avere a che fare con Ia "naturalità" delle stesse tecniche vocali applicate dalle comunità che normalmente le praticavano. In quella notte romana Demetrio sembrava aver toccato l'assoIuto di quel canto complesso e Iontano; sembrava aver oltrepassato qualsiasi mimesi e incarnato uno spirito sfuggente e misterioso. Ancora una volta come il pastore di Leopardi un uomo cantava alle stelle la propria dimensione al ternpo stesso microscopica e assoluta: dal neurone all'infinito il passo, ci dice la fisica contemporanea, è meno Iungo di quanto appaia alla logica. Per quanto fosse vicino a pratiche vocali di origine sacra, greche, medio orientali e asiatiche, Demetrio, per quanto mi è sempre sembrato di capire, era assolutamsnte Iontano da una visione anche vagamente mistica del suo Iavoro. Come un caparbio artigiano affinava i suoi strumenti in vista di una utilizzazione finale che, sfortunatamente nsssuno conosce. Si sa cha Stratos, dopo l'esperienza ormai conclusa con gli Area e dopo aver posto a lungo l'accento sulla ricerca aveva intenzione di registrare un album di canzoni, un Iavoro che potesse raccogliere i frutti delle esperienze fatte. Come sarebbe potuto essere? lmpossibile e inutile da immaginare, sicuramente unico. L'allegra "Rock and Roll Exhibition" (registrata dal vivo una decina di giomi dopo il recital romano) Io vede percorrere matariale R&R e R&B con una potenza, maturità e duttilità meravigliose: la sua ricerca vocale serviva anche per cantare meglio Hount Dog e Blueberry Hills, meglio, forse, degli originali di Elvis Presley e Fats Domino...
Ragazzo gioioso ed espansivo, riflessivo ed irruente, forte di una forza assoluta e controllata, Demetrio Stratos ha percorso una strada unica e non ripetibile, indissolubilmente legata alla sua natura, priva di aggiustamenti e compromessi, Iucida e "consapevole", coma amava dire l'uomo che ha intuito e indirizzato il senso del suo talento, Gianni Sassi.
L'unicità del suo Iavoro fece sì che Cathy Barberian non accettasse di dargli "Iezioni", nel timore cha potessero rovinare Ia sua originalità. II viaggio di approfondimento di Demetrio dovrebbe essere svolto, almeno in parte, da chiunque si avvicini atI'arte del canto, per arrivara a scoprire Ia propria voca autentica e profonda, Ia voce cha suona il senso della nostra anima e della nostra personalità. Lo disse Lorenzo Arruga notando come, nonostante ci siano molte buone voci nalla lirica contemporanea, manchino invece Ie personalità assolute, Ie voci uniche e, facendo l'esempio di Fischer Descau (come si scrive ???), affermava che Io studio e Ia pratica delle ricerche vocali intime e profonde come quello operato da Stratos avrebbe potuto portare artisti Iirici alla scoperta della Ioro "vera" voce, al di Ià, o al di qua, degli standard di riterimento.
Demetrio ha vissuto gli anni della sua carriera post-pop in un mondo assai diverso da quallo cha frequentiamo oggi: il mondo giovanile della sinistra italiana sembrava destinato a continuare ad esistera e ad essere capace di costruire un imprecisato qualche cosa piuttosto differente dalla pappa mediadipendente che attanaglia Ia fine secolo. Non è stato così e ci sono innumerevoli ragioni perché così non sia stato, ma la purezza del lavoro di Demetrio, la sua fantastica volantà di dividere il suo sapere in ogni modo, di stimolare chiunque a non fermarsi, a proseguire nella ricerca di mezzi espressivi originaii ed autentici è sicuramente un esempio perfetto di quanto si sarebbe potuto seriamente tentare di fare per non Iasciarsi travolgere dalla banalità della società dello spettacolo e dal puro consumo. Nessun compromesso, fino a Iasciare Ia propria vita, con ogni probabilità, per continuare a cantare, curando una faringite cronica con un uso smodato di antibiotici, come se fossero pastiglie per Ia gola, fino a minare le difese immunitarie...
Le due memorle, forza assoluta a assoluta solitudine (arlistica) si fondono: Demetrio Stratos è stato un cavaliere errante dei territori del suono un cavaliere nobile e generoso che desiderava diffondere un insegnamento semplice e definitivo: vai per la tua strada, ricerca la tua propria unicità, non disperderti in quisquilie, bazzecole o pinzillacchere: come essere umano hai il dovere di dare il meglio di te stesso e se questo è cantare fino a perdere la voce, che così sia.
MASSIMO VILLA, Milano 1999
(Testo tratto dal libro di Janete EL HAOULI "DEMETRIO STRATOS: ALLA RICERCA DELLA VOCE-MUSICA", Auditorium edizioni, Milano, 1999)